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I SANTI DI CARTA

ITALIA
2024 – DCP – colore – 52’

Regia: Pascal Pezzuto
Sceneggiatura: Pascal Pezzuto
Fotografia: Marco Triarico
Montaggio: Vito Palumbo
Musica: Gianluigi Antonaci
Interpreti: Giorgio Vignali (mesciu Carmelu), Augusto Zucchi (Pio XI), Pascal Pezzuto (Giuseppe Manzo), Anna Murolo (madre di Achille De Lucrezi), Salvo De Santis (presidente commissione), Donato Chiarello (nunzio apostolico), Gino Cesaria (Vescovo di Lecce), Pietro Sèrio (Achille De Lucrezi ragazzo), Andrea Sirianni (Antonio Maccagnani), Daniele Panarese (Don Cesare Potenza), Franco Leccese (Mons. Cuccarollo), Francesco Tinelli (padre Paolino), Fernando Masullo (Cardinale), Enzo Pisconti (Don Francesco), Eleonora B. Coletta (Franchina), Matthew Lamberti (Tito Schipa giovane), Simone Ciccarese (garzone), Antonio Papa (cartapestaio bottega Manzo), Umberto De Filippi (cartapestaio bottega Maccagnani), Massimo Bonaccorsi (cocchiere), Iael Giuliani (suora)
Produzione: Khàrisma con il contributo di with the contribution of MIC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Regione Puglia, Unione Europea, POR Puglia FESR-FSE 2014/2020, Apulia Film Commission
Distribuzione: Khàrisma Distribution

 


SINOSSI

Intorno alla metà dell’Ottocento, le chiese di Lecce si moltiplicano a vista d’occhio. Per arredarle con statue di valore il vescovo chiede un aiuto economico al papa, che decide di utilizzare le meno costose statue in cartapesta, realizzate dai validi artigiani locali. I Santi di Carta ottengono un successo strepitoso e vengono venduti in tutta Italia ed anche all’estero. L’enorme giro di danaro venutosi a creare induce l’arcivescovo di Otranto, il potente monsignor Cuccarollo, a tentare di sostituire le statue di cartapesta con quelle in legno prodotte al nord dai suoi conterranei. La scusa è buona: la cartapesta non può entrare nella casa del Signore. Ne scaturisce un duro conflitto con i maestri salentini, che invocano l’intervento del Duce e di Pio XI.

 


Note di regia

“Lo stile del docufilm I Santi di Carta è innovativo ed originale in quanto utilizza la fiction, dove c’è una storia che gli attori interpretano, per raccontare eventi e situazioni realmente accaduti e documentati con filmati e foto di repertorio. Lo spettatore, però, non percepisce il repertorio come un corpo estraneo ma, semplicemente, come un elemento che rafforza la verità storica dei contenuti filmici. Questo docufilm si potrebbe definire, mutuando un concetto espresso da Francesco Rosi, un Film documentato, cioè una vera e propria “storia” maggiormente gradita perché vera.”

 


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