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Ken Loach

 Testo critico

 

 

La militanza politica come valore umanistico e sociale di un Cinema che sia capace di dialogare concretamente con la realtà: Ken Loach ha edificato il suo rapporto con lo spazio produttivo e creativo del filmare su questa idea di engagement, di impegno, che sin dalle origini ha letteralmente occupato il suo pensiero e il suo fare cinematografico. Questo ha fatto di lui un autore pressoché unico per la capacità perseguita nel corso degli anni di portare ai più ampi livelli della scena internazionale una poetica fatta di argomenti politici concreti e di analisi sociale calzante, capace di attrarre il grande pubblico in una narrazione che transita dalla simpatia per personaggi fortemente caratterizzati all’empatia per le problematiche che essi affrontano e per i drammi che di conseguenza vivono.
Prendendo le mosse dalla lezione acquisita dalla stagione del Free Cinema inglese, da lui adottata in una chiave del tutto personale, più propensa ad accorciare le distanze emotive rispetto alla scena umana in cui si muove, Ken Loach arriva al cinema con gli strumenti esistenziali adatti a lavorare dal basso sulla costruzione di parabole narrative adeguate a dire la verità della vita. Figlio di operai, cresciuto in una famiglia che ha conosciuto gli sfollamenti negli anni della guerra, sa cosa significa portare a casa la giornata e fa di tutto per non dimenticarlo. La sua prima fase creativa si applica alle narrazioni della televisione britannica anni ‘60 (The Wednesday Play), all’avanguardia nell’approccio sociale documentario. E sono già storie di giovani, famiglie, operai, senzatetto, che poi transitano nel formidabile trittico degli esordi cinematografici (Poor Cow, Kes e Family Life) con cui Loach entra nei ‘70, restando perlopiù legato al produttore Tony Garnett, col quale fonda la sua prima casa di produzione. La flagranza della vita quotidiana e il valore contraddittorio delle relazioni familiari sono già il fulcro di una narrazione che trova la sua vera forza nell’attenzione allo sfondo vivido nelle sue problematiche. I drammi personali sono la conseguenza di una rappresentazione limpida ed empatica, mai stridente, delle relazioni sociali e questo offre al cinema di Ken Loach uno straordinario gancio nel confronti del pubblico, che infatti sin dai primi passi lo segue con attenzione e partecipazione.


Il passato, inteso come Storia, ovvero come radice delle argomentazioni problematiche del presente, entra progressivamente in scena nella sua narrazione della realtà a partire dagli anni ‘80 (Fatherland, Agenda nascosta) e assumerà con cadenza regolare un’importanza cruciale nel definire per il suo Cinema uno spazio di riflessione sulla distanza tra le aspirazioni ideali dell’individuo e la ricaduta reale della loro elaborazione ideologica: film molto amati dal pubblico e premiati nei festival come Terra e libertà, Il vento che accarezza l’erba e Jimmy’s Hall ne sono la testimonianza e costituiscono il controcampo problematico della riflessione di Ken Loach sulle istanze progressiste di quella parte di mondo che tiene insieme il pane e le rose, il riconoscimento identitario di classe e il valore individuale della libertà. Sono questioni che gli anni ‘90 del thatcherismo si impongono con veemenza e che Loach cristallizza in film determinanti come Riff-Raff, Piovono pietre e Ladybird Ladybird, che lo lanciano sulla scena internazionale, definendo quella forma di commedia a intensità drammatica variabile trovata dall’autore nella simbiosi realistica che puntualmente innesta con i personaggi e i loro interpreti.
La furfantesca simpatia dei caratteri che mette in scena, antieroi di un sistema sociale squilibrato e ingiusto, in cui si muovono un po’ da vittime e un po’ da ribelli, nasce in questi film con una urgenza storica concreta. E si traduce in un vero e proprio stile narrativo nell’incontro con Paul Laverty, suo sceneggiatore abituale dalla metà degli anni ‘90: con lui (e con la fedele produttrice Rebecca O’Brien) fonderà la sua seconda società di produzione ed è con lui che il carattere del cinema di Ken Loach assume una valenza proficuamente ridondante, ovvero capace di far risuonare in profondità le problematiche esistenziali, psicologiche, umane e reali dei personaggi su cui basa decisamente la drammaturgia dei suoi film e la sostanza delle loro argomentazioni sociali.
Di qui in poi il cinema di Ken Loach è tutta una storia di passione politica, attenzione umana, sensibilità caratteriale, simpatia per i diseredati e per il loro spirito di sopravvivenza. I nodi problematici del vivere sociale diventano per Loach la chiave di accesso narrativa a una rappresentazione del mondo che non rinuncia all’idealismo e, in certa misura, al valore delle ideologie. Coinvolgendo il pubblico sul versante più emotivo, ma sempre e solo allo scopo di riattivare la sua coscienza sociale.

 

Massimo Causo

 

credits photo: Paul Crowther

 


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